STORIA DELLA KTM 4

 L’ingresso trionfale nel XXI° secolo


Il trend positivo non si attenua in questi ultimi anni: al contrario,
dimostra una vitalità quasi inaspettata, corroborata da nuove tendenze di
mercato che registrano un ritorno del gradimento nei confronti delle
moto da fuoristrada e da turismo sportivo, dopo la lunga pausa che aveva
caratterizzato i periodi precedenti. La clientela è cambiata, è diventata
più esigente e selettiva. Molti fanno parte di quella generazione che era
giovanissima a cavallo fra gli anni ’70 ed ’80, ha maturato una buona
esperienza motociclistica ed ora cerca mezzi di un certo prestigio, che
non siano specificatamente da competizione, ma che abbiano estetica
accattivante e prestazioni significative. Contemporaneamente le corse
nel deserto diventano sempre più importanti, più tecnologiche ed attirano
un pubblico televisivo fino ad allora impensabile. Da questa
commistione di esigenze nasce lo sviluppo di un motore di grandi
dimensioni, mai prodotto finora: un bicilindrico. L’edizione del 2000
dell’Intermot di Monaco di Baviera, prestigiosa mostra del motociclo,
diventa così la vetrina ideale per presentare questo ambizioso progetto.
Nello stesso anno apre i battenti la filiale di distribuzione in Francia,
mentre le competizioni regalano grandissime soddisfazioni: per la prima
volta nella storia della marca vince nello stesso anno due campionati del
mondo di motocross, sui tre a disposizione: la classe 125 è dominata dal
sudafricano Langston, mentre il terribile belga Smets, un vero gigante
della specialità, passato dalla Husaberg alla Ktm, conquista il suo terzo
mondiale. Anche l’enduro fa quasi l’en plein: Salminen si aggiudica la
125 e l’assoluta, l’italiano Rubin la 250 4 tempi, Rinaldi la 400 4 tempi,
e Tiainen la 500: in totale, sono cinque vittorie sulle sei disponibili. Nel
nuovo campionato rally-raid il fortissimo Fabrizio Meoni si aggiudica il
titolo assoluto, chiudendo in bellezza un palmares assolutamente da
sballo.
Era impensabile replicare immediatamente una serie di vittorie così
prestigiosa, e infatti il 2001 si chiude in modo meno roboante, ma nel
segno della continuità. Il motocross ribadisce la bontà del motore da
ottavo di litro che, dopo Langston, vede il successo dell’inglese Dobb,
mentre nell’enduro il solo Salminen si riconferma, sia con la conquista
della 125 sia con la vittoria della classifica assoluta. Le soddisfazioni
maggiori arrivano dai raid, con la prima vittoria assoluta nella ParigiDakar
da parte di Meoni e con il successo nel campionato mondiale
grazie al cileno De Gavardo.
Anche dal punto di vista aziendale non ci sono novità particolari, se non
il trasferimento del nuovo magazzino ricambi.
Il 2002 è un’ altra annata di transizione, pur nella crescita continua della
produzione. Così viene aperto un nuovo stabilimento, dedicato
esclusivamente alla fabbricazione di motori, nella cittadina di
Munderfing. A dimostrazione di quanto sia difficile riconfermarsi
continuamente nelle competizioni, nel motocross non si colgono successi
iridati, mentre l’enduro vede il dominio incontrastato di Salminen che
cambia cilindrata e va nella 450, ma non cambia il suo trend: vittoria
della classe e della classifica assoluta. Meoni raddoppia alla Dakar, in
sella alla potentissima 950 Adventure bicilindrica, e anche il mondiale
raid finisce con un successo Ktm, stavolta col francese Sainct.
Le novità arrivano nel 2003, con il lancio in serie della 950 Adventure e
della Duke 990, che dimostrano ancor più l’evoluzione in costante
crescita della casa, che farà registrare il prestigioso traguardo di 70.514
moto vendute ed un fatturato di 376 milioni di euro. L’inaugurazione del
nuovo centro ricerche a Mattighofen è un segno di continuità del
marchio e rivela ancora una volta quanto conti l’importanza delle origini.
Ad esempio, in una intervista rilasciata ad una prestigiosa rivista italiana
del settore, il presidente Stefan Pierer confessa all’articolista i particolari
del suo primo incrocio con questa casa così prestigiosa: “Il mio primo
incontro con Ktm è datato 1974, anno in cui, giovanissimo, acquistai la
mia prima motocicletta, una Ktm 50. Del 1991, invece, il primo incontro
dai contenuti esclusivamente professionali. Prima il mio mestiere era
quello di occuparmi di aziende in difficoltà. Riorganizzarle, rilanciarle e,
a missione compiuta, uscire di scena. Questo prima della grande
avventura, nella quale la professione ha finito per subire un’influenza
emozionale determinante, che mi ha coinvolto “sentimentalmente” al
punto di trasformare anche la mia professione. Oggi mi sento un
imprenditore ed il “capo” di una grande famiglia. Sono state, sì, buone
scelte tecniche ed imprenditoriali a determinare il successo Ktm, ma il
motore di questo successo è alimentato da una miscela al cento per cento
di passione, e in nessun’altra azienda si respira quella speciale atmosfera
di famiglia, grande e unica. L’affiatamento fra i componenti di questa
equipe è il segreto del nostro successo”. Ed in seguito, dopo aver
aggiornato l’articolista sui programmi tecnici futuri, Pierer illustra
chiaramente quale sia la mission aziendale: “Ktm costruisce motociclette
per il fuoristrada. Eccellenti moto da fuoristrada che hanno creato attorno
al marchio un’aura di legittimo prestigio, dovuto al fatto che è riuscita a
centrare obiettivi ambiziosi in termini di qualità, di fatturato e di
penetrazione sul mercato. Questo è il nostro lavoro e questa è la nostra
strada, quella che sappiamo fare bene e che cercheremo di fare ancora
meglio”.
Sono illustrate chiaramente, con disarmante semplicità, le linee
programmatiche della ditta, e si possono cogliere i principi con i quali
vengono scelte le persone e attraverso i quali il management colloquia
con i collaboratori: una passione immensa, che arriva da lontano, dalle
prime pulsioni adolescenziali, per questo mezzo a due ruote con un
motore. Si parla lo stesso linguaggio, anche se gli idiomi possono essere
diversi.
Proseguendo con l’excursus di quest’anno, un altro avvenimento di
grande peso specifico è il debutto della marca nel motomondiale
velocità, categoria 125, operazione che comunque non provocherà
variazioni significative nell’indirizzo specifico della ditta, proiettata per
lo più sul fuoristrada. Un’altra doppietta iridata nel mondiale motocross:
la 500, di nuovo con Smets, e la 125, ancora con un pilota diverso,
stavolta tocca al belga Ramon. L’enduro si regge sull’estro eccezionale
di Salminen, che cambia ancora categoria, va in 500 4 tempi, e vince
classe e assoluta. Sulla spiaggia di Dakar arriva primo Sainct, mentre il
mondiale raid se lo aggiudica un altro francese, Despres. Soddisfazioni
anche dagli Stati Uniti, dove per la seconda volta in assoluto (la prima
era stata nel 1976 con la marca svedese Husqvarna) cade la supremazia
schiacciante delle case giapponesi, grazie a Langston che si aggiudica il
Campionato National classe 125, mentre nell’enduro USA Rafferty si
aggiudica il GNCC.
Il successo che le moto da competizione riscuotono sul mercato
mondiale è stabile, grazie alle continue migliorie che vengono
riportate con regolarità ogni anno sui nuovi modelli. Quindi nel biennio
successivo l’attenzione mediatica è orientata maggiormente sui mezzi di
prestigio, come la 990 Super Duke, la 950 Supermoto e la 990 nelle
versioni RC8 e Superenduro.
I numeri della produzione sono in ulteriore crescita. Viene costruito un
nuovo nucleo operativo per gli uffici, e si aprono due filiali in Slovenia e
in Ungheria. Si intraprende una joint-venture con l’azienda americana
Polaris, specializzata nella produzione di quad, i nuovi micromezzi
fuoristrada a quattro ruote.
Nel motocross arrivano altri tre titoli mondiali: il sudafricano Townley e
il francese De Maria nel 2004, il belga Breugelmans nel 2005.
Nell’enduro le categorie vengono equiparate al motocross e sono ridotte
a tre: nel 2004 la Ktm se ne aggiudica due, con i finlandesi Aro e
Salminen, mentre nel 2005 c’è l’en plein, con Aro, lo spagnolo
Cervantes e l’inglese Knight. Salminen non appare fra i campioni
perché la casa decide di inviarlo negli Stati Uniti per prendere parte al
campionato GNCC, che dominerà alla grande per due anni di fila.
Nel mondiale raid le categorie diventano due, e puntualmente arrivano
due vittorie, nel 2004 con De Gavardo e con il norvegese Ullevalseter,
nel 2005 ancora con De Gavardo e con lo spagnolo Coma.
Anche il mondiale SuperMotard (che ha in palio due titoli) premia la
Ktm, che si aggiudica un alloro all’anno, grazie ai francesi Van Den
Bosch nel 2004 e Chambon nel 2005.
La ciliegina sulla torta del 2005 è la conquista del titolo mondiale
costruttori nel Motomondiale Velocità, categoria 125.
Decine di altre vittorie arrivano da tutto il mondo nei vari campionati
nazionali
 In questo biennio se ne contano ben 224.
 Il 2006 porta tanti altri titoli mondiali: uno nel motocross con De Maria,
tre su tre nell’enduro con Cervantes, Aro e Knight, uno nel supermotard
con il tedesco Hiemer, uno nel mondiale raid con Coma. Ma porta anche
la terribile notizia della morte di Fabrizio Meoni durante la Dakar, la
gara che da anni è diventata feudo esclusivo della Ktm. E’ giusto non
dimenticare questo campione, che con il suo impegno e la sua
professionalità ha dato molto a quest’ambiente, e nella sua lunga carriera
è stato ricambiato dall’affetto di tanti appassionati. La sua grandezza,
comunque, non sta solo nei risultati: infatti molti anni fa aveva dato vita
a una fondazione, tuttora in piena attività, che si è sempre occupata di
portare aiuti alle popolazioni africane residenti negli stati attraversati
dalla Parigi-Dakar.


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